Un tredicista non ha sconti né superpoteri, ma ha la consapevolezza di essere colui che meglio conosce cosa sia il tanto citato “spirito Safa”: quel sentimento di unione, tenacia e cura che soltanto una volta fuori ci si rende conto di aver ereditato; spirito che però viene messo a dura prova se estirpato dal suo luogo naturale, la scuola, prima della scadenza. La quinta superiore avrebbe dovuto essere la conclusione di un percorso durato tredici anni, dodici aule e più di trenta insegnanti; avrebbe dovuto essere un anno speciale, ma sicuramente non per come poi si è sviluppato.
Se essere all’ultimo anno è per tutti sinonimo di euforia mista a paura, per un tredicista l’emozione che prevale, almeno a settembre e poi a giugno, è la nostalgia, perché più di chiunque altro sente addosso il peso degli anni: vede i bimbi di prima elementare e pensa che tredici anni prima c’era lui al loro posto, vede i ragazzini di prima media ancora troppo bambini per capire che non si può chiamare maestra la professoressa di matematica e infine vede i primini del liceo, con le loro espressioni ingenue di agitazione e l’asma per i tre piani di scale appena fatti. A pensarci ancora fa effetto: soltanto tre piani di scale, eppure rappresentano i tre quarti della mia vita.
L’essere tredicista, però, non è solo motivo di malinconia cronica, anzi al contrario è soprattutto motivo di orgoglio: conosci ogni singolo angolo della scuola – anche il posto dove i fratelli nascondono la Nutella – conosci tutti, insegnanti, bidelle, cuoche, fratelli, non uno che non sappia il tuo nome. Motivo ancora più di orgoglio, però, è la tanto attesa cerimonia di fine anno, perché lì ti rendi davvero conto che anche tu sei parte fondamentale della Safa; almeno così dicono: noi quest’anno abbiamo avuto un piccolo contrattempo, che poi di piccolo ha solo le dimensioni fisiche, perché per il resto è più simile a un terremoto.
Essere un tredicista è già di per sé strano, in pochi resistono così a lungo, ma esserlo nel 2020 penso abbia toccato apici di fantascienza: a settembre organizzavamo il tema della nostra ultima foto di classe, a maggio la foto l’abbiamo fatta seduti in camera nostra davanti a uno schermo; a settembre progettavamo il nostro ultimo giorno di scuola, la nostra gloriosa uscita dalla Safa, a giugno ci siamo salutati con un “buono studio, ci rivedremo non appena potremo”; a settembre tutti tremavamo al solo sentire la parola maturità, non sapevamo che la vera tragedia non sarebbe stato l’esame in sé, quanto i tre mesi precedenti. Infine, in terza elementare avevo giurato a me stessa che fosse cascato il mondo io avrei partecipato a quella famosa cerimonia dell’ultimo anno – che fin da piccoli viene vista alla pari dell’investitura dei cavalieri della Tavola Rotonda – in quinta superiore il mondo è caduto e io la cerimonia non l’ho vista neanche dallo schermo di un computer.
Ora ho iniziato l’università e vedo i nuovi tredicisti entrare in una scuola da cui io non sono mai veramente uscita, come quando tornata in classe lasciavo la porta aperta, come un capitolo in cui non è stato messo il punto finale. Forse però è meglio così, un giorno scriveremo la parola fine anche a questo capitolo e lo faremo in grande stile, come ai vecchi tempi, e allora potremo dire di essere veramente tornati alla normalità.
Il BlogNotes SaFa è un progetto di «cittadinanza attiva».
La redazione è composta da studenti della scuola. Dei Licei, per ora. Crescerà.
Sono gli alunni della scuola che si sono incontrati, hanno appreso le tecniche di scrittura per il web; hanno imparato i trucchi delle fotografie e della post-produzione di immagini; hanno preso atto che esiste una legge e una deontologia proprio perché esistono abusi e pericoli che si possono evitare.