C’è vita oltre la scuola

Perché "videogiocare"? Un'apologia del videogioco e dei suoi pregi

Flavio Fazio

Nel corso della mia esperienza personale con i videogiochi, tutti coloro che erano estranei a questi prodotti tecnologici hanno sempre espresso fastidio o perplessità ogni volta che parlavo loro di quanto fossero importanti e significativi per me. Salvo i pochi appassionati o i giocatori più “casual”, anche i più tolleranti hanno sempre schivato i miei discorsi, bollandoli come addirittura incomprensibili, il più delle volte, o semplicemente noiosi.

Ciò mi ha sempre indotto a pensare che spesso i pregiudizi delle persone fossero dovuti alle immagini sbagliate che si hanno sull’hobby in sé, soprattutto per quanto riguarda l’Italia. “I videogiochi sono per sfigati, asociali e per chi non ha amici. A questo si aggiungono i classici luoghi comuni “fanno male alla vista”, “rendono violenti e stupidi” fino a “sono diabolici”. L’ormai superata figura del nerd, tanto radicata nella cultura pop americana degli anni ’80 e ’90, continua ancora oggi a pervadere le menti di chi non conosce il mondo videoludico e si limita a parlarne in modo superficiale.

Scardinato definitivamente questo falso – seppur attuale – preconcetto, e affacciandosi a questo mezzo di comunicazione e intrattenimento con una mente aperta, si può notare come effettivamente i videogiochi già da tempo abbiano acquisito la dignità di vere e proprie opere d’arte, meritevoli di rispetto e attenzione. Oggigiorno, l’industria e i mercati videoludici mobilitano capitali, danno posti di lavoro a molti tecnici, creativi e imprenditori e possiedono bacini d’utenza nutriti. Si potrebbe dire che ormai la frontiera che vedeva questo mondo come poco accessibile e appartenente a una nicchia sia ormai stata abbattuta, in favore di un fenomeno massificato e sempre più diffuso.

Nonostante ciò, in molti, sulle orme di una mentalità ormai retrograda e scettica, o basandosi solo sul gioco per cellulare del momento, si ostinano a non voler sapere nulla di videogiochi, quando in realtà, chiunque abbia vissuto un’esperienza soddisfacente in loro compagnia potrà testimoniare che non è affatto così. 

Ci sono prodotti che sono stati concepiti come complessi ed emozionanti per la trama che, dopo diverse ore di gioco passate su una partita, lasciano qualcosa di unico e irripetibile, in grado di influenzare profondamente il fruitore anche a livello umano. Ve ne sono altri che, pur non possedendo il medesimo spessore narrativo, sono prodotti ben confezionatie in grado di intrattenere a lungo chi cerca avventure rapide (volendo generalizzare, è il caso dei giochi online). Vi sono poi quelli che sono definibili i cosiddetti “giochi della generazione”, che caratterizzano la storia di un determinato periodo per le loro innovazioni, ma anche quei titoli che sono senza precedenti e rimangono tali poiché profondamente autoriali e senza analoghi; o anche, volendo escludere la pila di sudiciume di tutto ciò che è ripetitivo, mal sviluppato, copia-incolla e contentino scadente per i fan, progetti indipendenti o emergenti che si stanno facendo strada nei negozi digitali e sono considerabili, senza dubbio, ben curati e originali.

Ora, data questa classificazione molto approssimativa, soffermiamoci sulla domanda chiave che sta alla base e nel titolo dell’articolo, ossia “perché videogiocare?”; o meglio, “perché è IMPORTANTE videogiocare?”

In primo luogo, bisogna fare presente che i videogiochi offrono davvero qualcosa che altri mezzi di comunicazione e forme d’arte non possono dare, cioè INTERAZIONE. Non esiste altra opera che permetta di interagire direttamente con essa mediante un input esterno in modo mirato. Libri, quadri, sculture, film, musica e così via, senza nulla togliere loro, trasmettono qualcosa al fruitore, ma è sempre un rapporto unidirezionale: i contenuti passano dall’opera a chi ne fa uso, ma manca una risposta in tempo realeIl videogioco, d’altra parte, permette una reciprocità per cui a un’azione del videogiocatore corrisponde una reazione dall’altra parte dello schermo: utente e opera interagiscono in modo diretto. Questo è il suo vero pregio insindacabile.

Inoltre, è sicuramente innegabile il fatto che ormai i videogiochi siano diventati un bene culturale a cui è impossibile essere del tutto estranei: anche chi non sa nulla su di loro avrà sentito nominare almeno una volta nella sua vita mascotte o personaggi di brand famosi come Super Mario e Pac-Man per gli omonimi franchise e Pikachu per Pokémon. Siccome ormai l’influenza del mezzo si è amplificata grazie a Internet e chiunque può accedere a ogni informazione con un semplice click, va da sé che esistono forum, gruppi di appassionati, community sui social e simili che condividono in continuazione contenuti sul loro videogioco preferito, talvolta di loro inventiva, come per esempio, le fanart.

Infine, bisogna riconoscere che il videogioco, alla luce dello sviluppo, dello sforzo creativo e produttivo e del budgetrichiesti per portarlo a termine, è considerabile in molti casi un’opera d’arte mista e innovativa di cui non avrebbe senso privarsi. Infatti, se prendiamo come riferimento il classico RPG (o gioco di ruolo), esattamente come nei film, il giudizio complessivo viene dato sulla base di molteplici parametri, quali la trama, la caratterizzazione dei personaggi, gli effetti sonori e la musica (spesso dati per scontato), il comparto estetico, tecnico e visivo, la regia e la sceneggiatura. A queste componenti, in ambito videoludico, si aggiungono il game design, ovvero l’intero processo di costruzione del mondo di gioco e delle sue interazioni, la longevità, la “rigiocabilità”, il sistema di combattimento, la gestione dell’interfaccia e dei comandi e il comparto grafico (che riguarda la programmazione e l’efficienza del software sulla piattaforma di gioco). 

Al di là delle emozioni e delle sensazioni uniche che può suscitarci per la sua natura ibrida, il videogioco è, senza ombra di dubbio, una delle forme di intrattenimento più complesse non solo da creare, ma anche da concepire, inquadrare e analizzare, e che ha richiesto la nascita di una critica specializzata e di un’industria molto avanzata tecnologicamente, che deve soddisfare le esigenze dei consumatori rimanendo al passo coi tempi. A questo si somma poi la necessità di fornire prodotti godibili e validi per fronteggiare la concorrenza e garantire svago ed evasione anche a lungo termine. E la bellezza sta proprio nel mettere da parte per un attimo lo stress quotidiano enell’immergersi in un’altra realtà vivida e avvincente.

In conclusione, quello videoludico è un mondo sfaccettato, intricato e per certi versi, contorto, ma con una sua storia edignità artistica e culturale, che è destinato a essere gradualmente sempre più diffuso e conosciuto da tutti, grazie all’evoluzione parallela della tecnologia e dei mezzi di comunicazione e alle infinite possibilità di distrazione e intrattenimento che è in grado di offrire.

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