Qualcosa su cui riflettere
Lavinia Bottero
Nostalgia: dal greco nóstos, ritorno, e álgos, dolore, “dolore del ritorno”. Un sentimento così umano, così affascinante e logorante al medesimo tempo e talmente comune, che conoscerne l’etimologia ci aiuta a comprendere per un attimo quanto antica e costante nel tempo sia questa emozione; un’emozione fresca e universale, che forse è in grado di avvicinarci un po’ di più gli uni agli altri.
Nel periodo monotono che stiamo vivendo, infatti, una sola parola ha la capacità di uguagliarci tutti in veste di esseri umani, e questa è proprio nostalgia. Il valore affettivo che solo l’abbraccio è in grado di donare, il bacio del nostro amato, le risate con gli amici e le giornate trascorse con i nostri cari, sono punti di riferimento ormai lontani da tempo. Ecco, dunque, entrare in campo il dolore del ritorno, un dolore che, davanti a sé, presenta un bivio: il ritorno stesso e il definitivo addio.
Noi, presto o tardi che sia, imboccheremo la prima strada e torneremo al nostro modello precedente di società; la stessa sorte non spettò, invece, a Ugo Foscolo.
Il vagabondaggio sfrenato, l’inquietudine interiore e i dolori della travagliata vita del poeta culminarono con il volontario esilio prima in Svizzera e poi in Inghilterra, dettato dal critico contesto politico dell’Ottocento. La nostalgia della patria diventa, quindi, protagonista della sua esistenza, tanto che egli racchiuderà il dolore del ritorno in una poesia, che porta il nome di A Zacinto. In questo sonetto, Foscolo lascia trasparire l’irrevocabile irraggiungibilità della sua terra nativa, aprendo il componimento con una triplice negazione: “Né più mai”. Esprime poi la tristezza della sua malasorte alludendo all’eroe greco Ulisse, che, dopo tante sventure e peripezie, riesce a baciare la sua pietrosa Itaca; al poeta, invece, è segnato un diverso destino: non potrà mai più recarsi nella sua amata patria. Emerge, dunque, il tema del tormento per una sepoltura in terra straniera, che il poeta definisce “illacrimata”: Foscolo è consapevole che si spegnerà lontano dall’affetto dei suoi cari e che nessuno piangerà la sua morte.
Per quanto A Zacinto compia ormai 194 anni, il sentimento incontrollabile della nostalgia che affiora da questa poesia colpisce ancora nel profondo i suoi lettori.
Ugo Foscolo, a cui l’inesorabile destino ha imposto di intraprendere la seconda strada del dolore del ritorno, l’addio definitivo alla sua Zacinto, ci fa comprendere quanto fortunati siamo ad avere la possibilità di percorrere la prima.
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