Qualcosa su cui riflettere

Giornata della memoria

Lavinia Bottero

27 gennaio 2021

Olocausto: la verità impossibile

“ Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite.                                                                                                  Etty Hillesum, Diario

Finzione o realtà?

   Quando scorrono sotto i nostri occhi le immagini cruente di Schindler’s listSobiborLa scelta di Sophie, o dei vari documentari attinenti all’Olocausto, sembra quasi di entrare in una dimensione parallela, in un mondo surreale frutto della fantasia di scrittori e registi, e non della effettiva realtà storica.

   Le urla straziate delle madri, la lotta per un tozzo di pane o una razione di minestra, il terrore di non sopravvivere a una semplice doccia, lo sguardo vuoto dei prigionieri la cui unica colpa era quella di essere nati e di essere segnati come appartenenti alla religione ebraica… questi fotogrammi mostrano in modo inequivocabile quanto atroce sia stata la sorte di un intero popolo, un’umanità comune discriminata da una folle ideologia, che assimilava gli ebrei a una categoria inferiore di esseri, quindi da eliminare, o, nel migliore dei casi, da utilizzare come animali da lavoro.

   Arbeit macht frei, ‘Il lavoro rende liberi’, recitava la scritta all’ingresso dei cancelli di Auschwitz; una macabra ironia, che illudeva i deportati di ritrovarsi in una realtà perlomeno tollerabile. Auschwitz: i brividi solo a pronunciarne il nome; campo di sterminio, sì, il cui intento non era però quello di uccidere il corpo, ma l’essere umano nella sua essenza. 

   Molti si sono domandati come mai gli ebrei non si siano mai rivoltati nei Lager; la risposta è stata la seguente: ‘perché erano illusi di poter trovare la libertà’. E invece io mi chiedo: e se fosse proprio il contrario? Se non si fossero mai rivoltati non perché volevano trovare la libertà, ma perché volevano fuggire da essa? Perché se libertà, quindi la libera scelta di essere ebreo, implicava appartenere alla razza sbagliata, implicava avere un fucile puntato in fronte, implicava il non poter essere se stessi, allora forse era meglio restare in silenzio.

   “Le azioni mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso”, come ci ricorda Hannah Arendt. Era questa la ‘banalità del male’. 

   Molti di coloro che uccidevano fino a decine di migliaia di esseri umani al giorno, messi di fronte alle loro responsabilità, ripetevano: “Me lo avevano ordinato”. I soldati nazisti, ormai resi incapaci di provare empatia, eseguivano. Perché? Perché non pensavano, si limitavano a non infrangere le regole. Ma pensare non significa né seguire le regole, né infrangerle: pensare significa capire le regole.

   È in eventi come questo che l’impossibile diventa possibile, che l’inimmaginabile prende forma concreta.

   Le parole degli ultimi testimoni della Shoah ci fanno rabbrividire, come il ricordo indelebile del numero cucito sulle divise a righe o delle notti insonni nelle baracche per il freddo e la fame. Ma ancora di più ci fa rabbrividire il pensiero che questi tesori di memoria possano essere dimenticati. 

   Ecco perché la Giornata della Memoria: per non dimenticare. 

Ma dobbiamo non dimenticare non solo il 27 gennaio, perché ogni giorno è il giorno in memoria dell’orrore dello sterminio.

   Come si può non dimenticare? Ricordando che non è solo l’odio che uccide, ma anche l’indifferenza.  

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