Qualcosa su cui riflettere

I marmi del Partenone:
Grecia vs Inghilterra 

Matilde Lanteri Sterza

I marmi del Partenone: Grecia vs Inghilterra 

Un tema scottante e da trattare con cautela, è sicuramente quello dei marmi del Partenone, ancora oggi dai Greci considerati “rubati” da parte dell’Inghilterra nell’800.

Una disputa perciò aperta da oltre 200 anni.

 

Nel 1801 l’ambasciatore inglese Lord Elgin si stabilisce presso il sultanato ottomano che ai tempi dominava su Atene; il sultano, sapendo che da lì a poco la città sarebbe stata attaccata, decide così di mettere in salvo le opere del patrimonio culturale greco.

Per questo motivo vende ad Elgin alcuni elementi del Partenone tra cui le metope dell’architrave, un pezzo del frontone est e uno di quello ovest.

Elgin qualche anno più tardi, per estinguere gli ingenti debiti accumulati, vende allo stato inglese i marmi in cambio di 35.000 sterline. A seguito di una seduta parlamentare apposita, si decide che i marmi vengano ospitati all’Elgin Saloon sino alla fine dei lavori della Duveen Gallery del British Museum, dove attualmente si trovano.

 

La questione è: adesso i marmi dovrebbero tornare in Grecia o rimanere nel Regno Unito?

Per rispondere a questa domanda si sono formati due schieramenti diversi. Nel mezzo di questa disputa non si può assumere un ruolo neutrale, è oggettivamente impossibile.

La parte a favore della Grecia pensa sia giusto che i marmi tornino in patria perché fanno parte del patrimonio artistico greco.

La parte invece pro-Inghilterra impugna a suo favore la questione delle opere sottratte in tutto il globo; se tutti i quadri e le statue che ci sono nei vari musei in giro per il mondo tornassero allo Stato d’origine, alcune nazioni si ritroverebbero senza musei, altri invece con troppi per poterli gestire adeguatamente.

A proposito di ciò, seguendo la logica greca, allora anche noi Italiani dovremmo dar loro indietro alcune opere; nei Musei Vaticani infatti, sono esposte varie sculture di provenienza greca come il Laocoonte el’Apoxyomenos. Il ragionamento è applicabile alla maggior parte delle nazioni, ad esempio i musei storici americani non esisterebbero: il loro unico patrimonio artistico è contemporaneo.

C’è da dire, inoltre, che se il sultano non avesse deciso di mettere in salvo le opere per tempo, forse ora non le avremmo più del tutto; quindi: meglio averle, ma decontestualizzate piuttosto che non averle proprio.

 

A tal proposito in classe si è svolto un doppio dibattito per provare a risolvere la questione e dare una risposta alla fatidica domanda.

Solo dopo aver argomentato con passione le proprie tesi (difesa Grecia vs difesa Inghilterra) si è provato a raggiungere un compromesso.

Nel primo debate l’idea è stata quella di restituire e cedere metà delle opere alla Grecia, così da accontentare entrambe le nazioni. Nel secondo dibattito, invece, il compromesso è stato quello di organizzare un’esposizione temporanea all’interno del sito archeologico del Partenone, per mostrare ai turisti i frontoni nel contesto originario di costruzione.

 

A parer mio l’opera è bella comunque, anche se decontestualizzata.

Potranno anche esser state rovinate, ma in ogni caso andando al British Museum posso fare un salto indietro nel tempo e ammirare opere di migliaia di anni fa.

 

“Il Museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e specificamente le espone per scopi di studio, educazione e diletto”[1]

 

Come specificato dalla definizione, ogni museo è stato edificato per poter diffondere in tutto il mondo il patrimonio culturale e artistico mondiale, al fine di superare limiti spazio-temporali.

Lo scopo del museo è quello di esporre non di rovinare o derubare altre nazioni, pertanto le accuse contro l’Inghilterra sono (almeno) in parte infondate.

[1] Definizione di museo dell’Icom, International Council of Museums

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