Letteratura è vita
Marta Cumino
La maestria di Dante anche nel ringraziare. Lo sguardo materno e il sorriso di Beatrice. La speranza insita nella figura di Virgilio. Ma anche la sciocca presunzione dell’uomo, che si crede grande e poi vale un nulla. La vana corsa dietro idoli apparenti e l’incapacità di prendere posizione. Infine, il valore positivo e salvifico dell’intera Commedia.
Sono solo alcuni dei messaggi profondi emersi dalle letture dantesche di mercoledì 25 marzo. Il primo Dantedì, che anticipa i 700 anni dalla morte del sommo poeta, cade in un momento storico in cui veramente c’è bisogno di trovare conforto e senso. Rivolgersi ai versi più alti che un uomo abbia mai composto è un farmaco contro l’incertezza che ci circonda.
Lasciate da parte parafrasi e figure retoriche (che spesso fanno etichettare come “noioso” lo studio della Commedia), è il significato il filo conduttore di un pomeriggio intenso, in cui voci diverse di studenti e docenti si avvicendano, accompagnando Dante (e tutti noi) dall’oscurità della voragine infernale alla contemplazione della luce purissima di Dio.
La quarantena ci porta un regalo inaspettato: la preziosa testimonianza in diretta del Professor Carlo Ossola, che ci ricorda ancora una volta come la Divina Commedia sia veramente un “classico”, cioè una summa dell’esperienza umana. In essa si trova tutto ciò che gli uomini vivono, allegro o triste, oggi, nel passato, nel futuro. Ecco il senso dell’universale ed ecco il senso, se mai servisse ribadirlo, di leggere ancora quei versi.
Ma le letture del Dantedì hanno anche un altro dono prezioso da elargire: la scoperta di quanto in profondità possa giungere un testo e quanti messaggi celati, personalissimi, sappiano cogliervi gli studenti, lasciati liberi di interpretare e di far parlare un classico per quello che le sue parole dicono loro. Il risultato è di una bellezza commovente e, pur nel virtuale, la vicinanza dovuta alla lettura comune è palpabile.
Dante compie un viaggio di salvezza. In questi giorni in cui non possiamo metterci in cammino fisicamente – e ne siamo disorientati quanto il poeta – abbiamo cercato di seguire idealmente i suoi passi di pellegrino per ritrovare la via smarrita alla luce della cultura. Credo che, almeno in parte, ci siamo riusciti.
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